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REVIVAL
Emozioni e ricordi



Burger Time
Burger Time sul Mame

1984 - Primavera
Appena entrati a destra: in sala giochi era questa la posizione, invero scomoda per il via vai di gente e per le correnti d’aria fredda d’inverno, della macchina con l’omino nei panni buffi di un cuoco.
In quegli anni per me era un secondo lavoro, oltre allo studio: quotidianamente timbravo il cartellino di un impiego non retribuito, ma tale a tutti gli effetti, per la costanza e la concentrazione che mi richiedeva.
Beh, d’altronde bisognava tenersi in allenamento, affinare trucchi e tecniche, e scoprirne di nuovi, se si voleva tenere testa ai migliori del momento su quella macchina.
Avevo a che fare con gente di 17-18 anni ed io, dal basso dei miei 14, traevo dal confronto con loro un senso di potenza.
Per la prima volta in vita mia mi stavo misurando con qualcuno, e si trattava di quasi-adulti, gente che mi aveva sempre guardato dall’alto verso il basso, forte dei quattro e passa anni di differenza, magari compagni di liceo delle classi superiori, di quelli che conducono le assemblee d’istituto, per capirci, e che ti fanno capire da che parte sta il potere.
Invece con quel joystick in mano le cose cambiavano, si era tutti sullo stesso piano, tutti coetanei, e vi era un giudice severo a stabilire le gerarchie, indifferente alla carta d’identita’ ma assai attento alle cifre a sei zeri al centro in alto dello schermo.
E si’, perche’ rapidamente si passo’ dalle decine di migliaia di punti, alle centinaia di migliaia, ai milioni.
La barriera del milione fu sfondata da un bullo che era anche il vice-aiutante-tuttofare del proprietario della sala giochi Vegas.
Fu un brutto colpo per tutti noi: proprio lui no, non era possibile, e poi, accidenti, come aveva fatto, era l’ultimo arrivato nella cucina del nostro ristorante (pardon, su Burger Time :-), fino ad un mese prima sprecava tutto il pepe per superare il primo quadro (indicatore infallibile della scarsa destrezza del giocatore).
Fu anche crudele, sottilmente crudele: lascio’ che ci accorgessimo da soli della sua impresa, si limito’ ad indicarci con un cenno del capo lo schermo, sul quale campeggiava, preceduto dal suo nome di battaglia ZAK, un incredibile 998.000, segno inconfutabile dell’azzeramento del contatore (e questo rendeva ancora piu’ umiliante il tutto, perche’ l’azzeramento e’ lo stupro della macchina, la definitiva sua sottomissione al giocatore).
L’invidia mi strozzo’ in gola un oohhh di ammirazione, mi limitai ad un paio di battute di circostanza, ma c’era poco da fare: l’impresa era grossa, e il mio sudato 200.000, passepartout per quel mondo di "adulti", doveva battere in ritirata.
Come ben sa chi gioca, ogni record e’ il frutto della sintesi tra virtu’ proprie del videogamer (velocita’, colpo d’occhio, riflessi, applicazione) e tattiche di gioco.
Burger Time sul MameMiglioramenti di poca entita’ nei punteggi generalmente si devono alle prime, mentre salti di un ordine di grandezza, quali appunto quelli realizzati dal nostro ZAK, dovevano necessariamente discendere da qualche nuovo trucco.
Sarebbe percio’ bastato, ci dicevamo, osservarlo in azione, e avremmo carpito il suo segreto. Cosi’ facemmo. In effetti il nostro aveva escogitato un ingegnoso sistema per raggruppare, e mantenere tali, cetrioli, uova e pomodori in un unico agglomerato, che valeva la bellezza di 16.000 punti ogni volta che si riusciva a farlo cadere. Geniale.
Basto’ poco per impratichirsi con questa tecnica, e non ce ne fu piu’ per nessuno. Giocai anche in vacanza al mare, dove mi avevano provocatoriamente sistemato l’amato arcade in una sala giochi a due passi da casa, e al ritorno in citta’ , con una pallida abbronzatura che denunciava le mie scelte di vita estive, mi esibii in un preoccupante (per la mia salute mentale, visto che si viaggiava ad un milione di punti all’ora) 5.500.000 pts, record di sempre.
Spedii, come si usava all’epoca, la foto attestante il quadro raggiunto ed il punteggio (fermo a meno di un milione per via del gia’ citato azzeramento, ma confermato per iscritto dal gestore della sala giochi) alla rivista Videogiochi, che con enfasi e mia legittima soddisfazione lo mise nella colonna "Record Mondiali", prima di un modesto 1.500.000 realizzato da un mio collega americano. ZAK era cancellato per sempre da IO (il mio pseudonimo).
Burger Time sul Mame 1997 – Giugno
Pigramente disteso sotto l’ombrellone, sfoglio la pagina "Multimedia" del Corriere della Sera. In un trafiletto sconsigliato ai presbiti, si parla in maniera vaga ed imprecisa, come d’uso in questi casi sui giornali non specialistici, di un "simulatore" (sic !) di videogiochi d’annata, e si riporta l’indirizzo della Mame Official Page italiana.
Leggo incuriosito, ma scettico. Erano anni che cercavo qualche gioco che somigliasse (dico somigliasse) a quelli mitici della mia adolescenza, ma ne’ l’evoluzione delle schede grafiche, ne’ quella dei processori, sembravano in grado di darmi soddisfazione; al massimo avevo trovato qualcosa della ChampGames (se non ricordo male) una casa software americana presente su Internet che si era specializzata nella riproduzione di arcade primi anni ’80, cose carine (Donkey Kong, Pacman, …) ma gli originali li ricordavo tutt’altra cosa.
Mi chiedevo perche’ mai i giochi per PC non riuscissero a coinvolgermi, eppure ero stato un accanito videogiocatore, in sala giochi e su Amiga; tanta grafica, tanti effetti, ma poca immediatezza e giocabilita’, mi dicevo.
E perche’ a nessuno era mai venuto in mente di riprodurre qualche successo da bar, giochi meno complessi di quelli in voga al momento, ma non per questo meno divertenti. Un mistero. Dicevo del mio scetticismo, destinato pero’ ad esaurisrsi di li’ a pochi giorni quando, ritornato a casa, mi collegai e scaricai tutto il necessario: MAME (eravamo alla 0.27), Pengo e, naturalmente, Burger Time.
Lessi febbrilmente il readme allegato, smanettai vorticosamente sulla tastiera, pigiai ENTER, fiato sospeso ed ecco comparirmi il quadro di apertura. Ma e’ proprio lui, non e’ un’imitazione, stento a credere ai miei occhi, e gira discretamente anche sul mio 486 – 120 !
Un monumento a Salmoria, ecco cosa ci vorrebbe, penso. Che spasso, polverizzo un record dietro l’altro, all’inizio i polpastrelli sono un po’ arrugginiti, ma a giocare si riprende subito confidenza, e’ come andare in bici, una volta imparato non lo dimentichi piu’.
Hey, ZAK, ti va di fare una partita ? [F.D.C.]




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