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INTERVISTA

Un nuovo modo di giocare fa impazzire gli americani. Lo hanno creato

I BEATLES DEL COMPUTER

di Shay Addams

Un nuovo best-seller sta trionfando nelle librerie degli Stati Uniti: è un "giallo" con tanto di morti, di ispettori di polizia, di misteri irrisolti. Come mai piace tanto? Piace perché non è un thriller da leggere ma da far "girare" sul computer. All'atto dell'acquisto al lettore-giocatore vengono infatti consegnati un manuale di istruzioni, un floppy disk che racchiude la trama e dodici ore di tempo per decifrare il messaggio. Basta con le guerre stellari, basta con Pitfall o Ms. Pac-Man; adesso si gioca con Deadline, una delle dieci storie "pubblicate" dalla Infocom di Cambridge, Massachusetts, una casa editrice che invece della carta usa un sistema software.
    Le cose, tuttavia, non sono così semplici. È vero che il computer restituisce una storia a cui non manca nessuno degli ingredienti classici del giallo: paesaggi tenebrosi, descrizioni dettagliate di persone, frammenti di dialoghi disseminati di indizi; e intanto i sospetti si accavallano, elementi significativi appaiono e scompaiono sullo schermo, insospettabili impiegati mentono e uccidono ancora. Ma per risolvere il quesito finale ci vogliono ore e ore di fatica computeristica e molta abilità di programmazione. Il gioco si basa sul concetto di "letteratura interattiva": il computer propone dei frammenti narrativi, il giocatore deve saperli interpretare e fornire le istruzioni giuste. Se il calcolatore giudica soddisfacenti le risposte, allora il racconto procede. La chiave di lettura della "letteratura narrativa" è il cosiddetto analizzatore di parole, quella parte del computer che interpreta gli ordini del giocatore. All'inizio, questi analizzatori accettavano solo ordini di una o due parole ("segui X", "uccidi Y") e il racconto si snodava faticosamente. Adesso, grazie a tecniche di intelligenza artificiale, le frasi si articolano attraverso aggettivi, preposizioni e coniugazioni di verbi, tipo "Prendi la bomba rossa e mettila nella cassetta delle lettere". Giudicate secondo il metro letterario, le storie della Infocom appaiono leggermente zoppicanti, i personaggi scolpiti un po' con l'accetta, lo stile non eccelso. Tuttavia rappresentano una svolta storica sia per quel che riguarda il mondo dei computer games sia per quel che riguarda, più in generale, il rapporto letteratura/informatica.
    Per questo siamo lieti di offrirvi la prima, ampia e completa intervista con gli inventori di queste avventure incredibili chiamati subito, per il successo e la popolarità ottenuti in breve tempo, i "Beatles dei computer games".
    Li abbiamo incontrati al quartier generale della loro società, la Infocom.
    Marc Blank ideatore di Deadline e Zork I è uno dei pionieri del gruppo insieme con Stu Galley (The Witness): prima di dedicarsi ai computer faceva il medico.
    Steve Meretzky ha iniziato come sperimentatore di giochi e oggi ne ha già realizzato uno, Planetfall.
    Michael Berlyn creatore di Suspended, scrittore di fantascienza, ha ideato vari giochi d'avventura per la sua ditta, la Sentient Software, prima di mettere insieme le sue forze a quelle della banda di programmatori di giochi più formidabili del mondo.
 

Da sinistra a destra: Stu Galley, Marc Blank, Steve Meretzky e Michael Berlyn nella stanza del computer della Infocom. Tutti i loro giochi sono scritti con l'imponente elaboratore che si vede alle loro spalle.

Computer Games: Perché avete scelto di creare computer games senza grafica?
Berlyn: La grafica degli home computer non è ancora in grado di creare un disegno abbastanza buono da rendere i tipi di scene e di situazioni che invece richiedono le nostre storie. Non è possibile disegnare una scena usando tutta quella serie di dettagli che possono essere descritti in un paragrafo. E poi, leggendo un testo, ci si può calare nella storia.
CG: Questo non spiega perché nelle vostre campagne pubblicitarie parlate ironicamente dei videogames.
Blank: I nostri messaggi sono volutamente una satira delle campagne pubblicitarie dei videogames. Vogliono dire che sì, ci piacciono i videogames però esiste qualcos'altro, oltre il semplice gioco, c'è qualcosa di più oltre al joystick.
Berlyn: Noi riteniamo i videogames una cosa importante. Il presidente della nostra società, Joel Berez, a casa ha una console con moltissimi giochi. Mark e io appena possiamo andiamo nelle arcades.
CG: Che tipo di giochi preferite?
Berlyn: Q Bert, Pac-Man, Ms. Pac-Man, Tempest. Ci piacciono giochi diversi tra loro. La questione è che se la gente pensa che tutto si esaurisca nei computer games, allora abbiamo fallito il nostro obiettivo. Non ci reputiamo i migliori. Diciamo solamente che c'è qualcosa di diverso, là fuori. Molta gente non ha nemmeno mai sentito nominare i nostri giochi perché finiscono semplicemente per comperare Zaxxon o Frogger o qualche altra cassetta di successo che il negoziante consiglia.
CG: Come avete iniziato a scrivere queste avventure?
Blank: Tutti quelli che oggi fanno parte della nostra società all'inizio lavoravano al Mit, il Massachusetts Institute of Technology di Boston. E proprio in questo istituto è nato nel 1977, il primo gioco, Zork, scritto su un potente calcolatore, il Dec System 10. Era la nostra risposta al gioco d'avventura, il genere che allora tutti preferivano. A questo seguirono Zork II e Zork III. Non si trattava di un affare commerciale: i giocatori infatti erano tutte persone che lavoravano sulla rete di computer, studenti del college, laureati e assistenti.
CG: Avete cominciato studiando programmazione?
Blank: Non ho mai studiato programmazione. Avevo scelto scienze naturali, il che in qualsiasi altro istituto avrebbe voluto dire occuparsi di biologia. Ma al Mit niente è normale. Mi capitò quindi di lavorare per un semestre al laboratorio di scienze dei computer, con un mio progetto di ricerca. Stu, Al Vezza (il direttore della Infocom), Joel Berez e Dave Lebling, che ha scritto il primo Zork, tutte queste persone vengono da quel laboratorio. Il fatto di incontrarli e di cominciare a lavorare insieme non ha niente a che vedere con la mia carriera universitaria. Infatti nessuno di noi o delle persone che scrivono per noi ha una preparazione di programmazione o di scienziato dei computer.
CG: In quanti siete oggi soltanto per quel che riguarda la programmazione e i disegni dei testi?
Blank: Sei o sette. Ma non scrivono tutti, nel senso che ci sono livelli differenti di programmazione per i giochi.
Galley: E abbiamo consulenti e consiglieri e direttori...
Berlyn: Dave Lebling (Zork II, Starcross e metà di Enchanter) fa il consulente piuttosto che l'impiegato full-time.
CG: Che tipo di computer usate?
Blank: Tutti i giochi sono scritti nel nostro Dec System 20.
CG: E poi sono adatti agli altri home computer?
Berlyn: Non facciamo trascrizioni di alcun genere. Questo è un vantaggio che abbiamo rispetto la maggior parte delle ditte di software. I nostri giochi sono scritti in un linguaggio comprensibile da tutte le macchine. Tutte le macchine hanno un interprete in grado di capire quel linguaggio. Così non ci sono trasformazioni.
CG: Che cosa c'è di così speciale a proposito del vostro particolare strumento di programmazione?
Berlyn: Se te lo dicessi non sarebbe più nulla di particolare.
Galley: La questione è complicata. Sarebbe impossibile sviluppare programmi così complessi usando il basic o linguaggi altrettanto semplici. Questi non hanno una struttura sufficiente per permettere di considerare il problema sotto più aspetti. Scoprirli ed esaminarli uno alla volta. E questo è ciò che fa il nostro linguaggio.
Berlyn: Ma la cosa veramente interessante è che i nostri giochi possono capire frasi complete.
Blank: E anche di più. Non penso che i nostri giochi siano migliori perché sono in grado di capire un numero più elevato di parole o perché i problemi sono più complicati. Penso che lo siano per il linguaggio che usiamo. Supponi per esempio di avere, invece del linguaggio usato comunemente, invece dei soliti For o Next (parole chiave del basic), operazioni che hanno a che fare con cose come persone o oggetti. In questo modo tutto si svolge ad alto livello, non si è costretti a passare il tempo a caccia di pezzi ma ci si può concedere sofisticate astrazioni. Lavorare in questa maniera, è molto più semplice. Ci sono così tante cose che succedono in un gioco come Deadline e Witness oppure in ognuno dei nuovi giochi, Planetfall e Suspended, che sarebbe quasi impossibile seguirli se non usando un linguaggio ad alto livello che faccia tutto al posto tuo. Ci sarebbero voluti tre o quattro anni per scrivere Deadline con un linguaggio macchina semplice, e anche dopo tutto questo tempo il gioco avrebbe funzionato soltanto per un tipo di computer.
Berlyn: Ci sono troppi dettagli da seguire: sarebbe un incubo.
CG: Scrivere questi giochi è divertente quanto inventarli?
Meretzky: È più divertente scriverli.
Galley: Mi va di fare tutte e due le cose.
Blank: Scriverli è molto divertente. Più divertente che giocarli.
Berlyn: È più faticoso scriverli che giocarli ma è divertente far succedere qualcosa. Come far stare in piedi Mrs. Robner, farla camminare nella stanza e uscire dalla porta. Può essere eccitante. Più eccitante che giocare a uno dei soliti giochi.
CG: Qual è la soddisfazione maggiore?
Meretzky: Quando qualcuno gioca per la prima volta con il tuo game.
Berlyn: Sono d'accordo.
Blank: È sempre un grande momento vederlo su un micro computer invece che su grossi calcolatori.
CG: Quando state creando un gioco sapete esattamente che cosa succederà dall'inizio alla fine?
Berlyn: È come scrivere un romanzo più che una sceneggiatura. Sviluppi i personaggi, l'ambiente e i problemi e le soluzioni escono dalla storia. Per questo motivo non è possibile stabilire una trama lineare.
Blank: Puoi stabilire le regole ma non dire esattamente quello che accade.
Meretzky: Quando Mike scrisse Suspended non sapevamo assolutamente se poi sarebbe stato troppo difficile o addirittura impossibile.
Berlyn: Da quella volta è stato giocato una ventina di volte dai nostri "sperimentatori", senza che noi avessimo idea di quale fosse il punteggio più alto. Se oggi lo gioco riesco a finirlo con un punteggio decente ma sono certo lontano dai record.
Blank: E quando hai raggiunto il massimo puoi mescolare le regole e renderlo ancora più difficile. Come dire: riuscirei a risolverlo con questi due robot legati dietro la schiena? (È una fase del gioco, n.d.t.)
Galley: Noi pensiamo anche a problemi o a scene diverse, elementi che potrebbero tutti far parte di un gioco e li mettiamo da parte. Poi dobbiamo decidere dove vogliamo arrivare, quanto deve essere esperto il giocatore, che tipo di difficoltà inserire, quando iniziamo a sviluppare un progetto.
Blank: Uno non si siede all'inizio e dice: "Deve funzionare in questo modo, penso che sia meglio fare così".
Berlyn: Non ci si può mettere a scrivere come se si trattasse di un romanzo. È tutto troppo complesso.
Blank: Questo succede perché il personaggio principale che si muove nella storia non sei tu, è la persona che lo gioca. Sono loro a doverti dire come funziona meglio la storia.
CG: Avete mai scritto un gioco che poi non è stato mai messo in vendita?
Meretzy: Abbiamo così tante idee che facciamo una specie di repulisti ogni volta che iniziamo a lavorare.
Blank: Noi non viviamo in una sospensione temporale dove qualcuno ci sottopone qualcosa e noi diciamo sì, che va bene.
Berlyn: Questa è la differenza. Non siamo editori. Non aspettiamo che qualcuno con il suo computer riesca a inventare il seguito di Zaxxon o qualcosa che gli somigli, che ce lo spedisca magari per farlo pubblicare, cosicchè in attesa di quel ragazzino siamo costretti a pubblicare una serie di giochi così così per rimanere in affari.
Blank: Abbiamo molte buone idee ma non tutte sappiamo come impiegarle.
CG: Da dove salta fuori l'ironia di questi giochi? (a questa domanda tutti si indicano a vicenda).
Galley: L'ironia nasce anche perché ci sono frasi che prendono in giro il giocatore.
Blank: In Deadline c'è una toilette. Qualcuno deve dire: "Tira l'acqua", oppure "Guarda nella tazza", oppure "Salta nella tazza".
Meretzky: Quando dici "Guarda nella tazza", lui risponde "Come sei caduto in basso". Se tu dici "Segui il gatto", in Witness, lui risponde: "È triste vedere un ex grande detective che oggi è alle prese con un gatto".
CG: Così l'ironia esce anche dalla prova dei giochi?
Blank: Sicuramente. È una parte molto, molto importante del gioco.
Berlyn: Alcuni dei problemi migliori si aggiungono dopo che i giochi sono stati sperimentati e raccomandati dai nostri collaudatori.
CG: Che effetto avrà la prosa che continuamente si ripete nella letteratura in generale?
Blank: (ridendo) La uccideremo.
Berlyn: Sì, è morta. Seppelliremo Hemingway.
Blank: Vero. Infatti penso che sia morto, no?
Berlyn: È morto?
CG: Raccontate qualcosa di Enchanter.
Blank: L'abbiamo mandato a duplicare oggi. Così a meno che l'aereo non venga dirottato ci aspettiamo di rivederlo presto. Segue il filone di Zork. Ma invece di essere un avventuriero, sei un apprendista appena uscito dalla scuola di magia. Hai un libro per gli incantesimi. Devi risolvere dei problemi come succede per Zork. È tutta magia. E dovrà essere il primo di una serie.
CG: Quando uscirà Zork IV?
Blank: Non ci saranno altri Zork. Comunque questo è Zork IV, a chiunque interessi.
Berlyn: Eccolo qui per tutti quelli che adorano Zork e per quelli che non lo considerano Zork IV.
CG: Ci sono altri tipi di letteratura con i quali vi cimenterete in futuro?
Berlyn: Storie avventurose. Il nostro primo gioco, Infidel...
Meretzky: Sono di solito storie realistiche di caccia al tesoro.
Blank: In questo c'è una piramide, nel prossimo potrebbe esserci...
Meretzky: Un safari oppure un alpinista...
Blank: Una faccenda di spie, qualsiasi cosa che oggi potrebbe essere un thriller.
Berlyn: Sì sono dei thrilling, storie d'avventura in cui sei comunque un avventuriero...
Blank: Con ambientazioni diverse. Infidel è il primo della serie. Stiamo anche creando dei giochi per bambini. È presto per parlarne, ma ci interessa.
CG: Qual è il futuro dei computer games, da qui a cinque anni?
Blank: Guerra su tutti i fronti.
Berlyn: Finiranno nell'insalata e probabilmente li mangeremo.
Meretzky: Ci sarà una scelta maggiore e tanti tipi di giochi che non possiamo neanche immaginarceli.
Berlyn: Posso immaginarlo. Ma noi lavoriamo sul futuro.
Blank: Sì, ne stiamo costruendo uno nel cortile.


Tratto dal numero di Giugno 1984 della rivista COMPUTER GAMES, edita da Alberto Peruzzo Editore. La rivista era la versione italiana di una rivista americana (probabilmente con lo stesso nome), ne uscirono sette numeri e trattava l'argomento videogames in maniera un po' diversa rispetto alle pubblicazioni della concorrenza.
Paolo Vece <pvece@mclink.it>


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